Immaginiamo una donna che viene presa a calci in pancia dal suo aguzzino come vendetta perché si è ribellata alle sue pesanti molestie. Immaginiamo che questa donna, a quasi un anno di distanza, risenta ancora degli effetti di quei calci in pancia e necessiti di un’ecografia urgente e di una visita specialistica per capire che danni le siano stati causati. Immaginiamo che la vita di questa donna sia gestita da una confraternita che trasuda misericordia e immaginiamo che a capo di questa confraternita ci sia un medico, direttore del pronto soccorso e del reparto di medicina d’urgenza di un policlinico.
Che fortunata sembra questa donna, vero? Non possiamo che dare per scontato che il suo stato di salute sia in buone mani, anzi ottime!
E invece no: per quanto il "fratello di suo fratello", dott. Daniele Giovanardi, si sbracci per dimostrare il bene che fa a donne e uomini rinchiusi nei Cie di Modena e di Bologna – a quella banda di "spacciatori, prostitute, ladri abituali" come ha tenuto a precisare già nel 2004 – e per quanto abbia aperto le porte (ma solo alcune, le più presentabili) a pennivendoli pronti a tessere le lodi della sua ottima gestione, quella donna non è affatto in buone mani e i dolori che sente alla pancia vengono contenuti con medicinali anziché venir affrontati e risolti una volta per tutte.
Perché? Forse qualcuno ha paura che l’esito dell’ecografia rilevi danni permanenti e aggravi la posizione di un certo ispettore capo incapace di tenere mani e piedi al proprio posto?