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Storie di ordinaria disperazione nei Cie
Riportiamo, così com’è, un lancio di agenzia e rileviamo la crescente tendenza a dissimulare, psichiatrizzandola, la disperazione di donne e uomini rinchiuse/i nei lager.
IMMIGRAZIONE: DONNA SI CUCE LABBRA PER RIFIUTO ASILO POLITICO
(ANSA) – BOLOGNA, 21 MAG – Una immigrata del Centro di identificazione ed espulsione di Bologna, ieri sera si e’ cucita
le labbra con ago e filo per protestare contro il rigetto della sua richiesta di asilo politico. La donna – ha reso noto la direzione del Cie – e’ stata subito soccorsa e trasportata in ospedale dove e’ anche stata sottoposta a valutazione psichiatrica. Ma e’ risultato che la donna e’ nelle piene capacita’ di intendere e di volere e quindi non e’ stata accettata in regime di ricovero. Cosi’ e’ stata ricondotta nel Cie dove e’ assistita da personale medico e dal servizio di sostegno psicologico interno. La donna chiede di parlare con il magistrato e la sua richiesta e’ stata sottoposta all’Ufficio immigrazione di Bologna.
Oggi, un altro ospite del Cie bolognese sottoposto nei giorni scorsi a visita psichiatrica, mentre si trovava in una struttura ospedaliera per essere valutato da una equipe medica, si e’ gettato dal piano ammezzato. L’ uomo e’ stato ricoverato per una
sospetta frattura alle gambe.
Aggiornamento:
(ANSA) – BOLOGNA, 21 MAG – La donna – magrebina sui 30 anni – e’ sempre con la bocca cucita e rifiuta ogni cura fino a quando
non riuscira’ a parlare con il magistrato. La cucitura consiste comunque in qualche punto e la donna e’ in grado di parlare e di
bere.
Ieri sera l’ immigrata e’ stata trasportata al pronto soccorso dell’ ospedale sant’Orsola ed e’ stata visitata dai
medici e dal servizio psichiatrico. Ma, dato che e’ stata dichiarata capace di intendere e di volere e ha continuato a
rifiutare ogni cura, i medici non hanno potuto toglierle il filo dalle labbra, perche’ si sarebbe trattato di una violazione
della sua volonta’. Cosi’ la donna e’ stata ricondotta al Cie.
”Tutti sono liberi di protestare – ha detto la direttrice del Cie di Bologna, Annamaria Lombardo – ma stiamo cercando di
convincerla a intraprendere altre strade, come ad esempio il ricorso rispetto al rigetto della sua domanda di asilo
politico”. Attualmente l’ immigrata e’ assistita da personale medico, infermieristico e da mediatori culturali.
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Milano: le donne rom in prima linea contro la repressione poliziesca

In Piemonte un padre ha massacrato di botte la figlia perché ha una relazione con un ragazzo sinto. A Milano, il vicesindaco-sceriffo De Corato rilancia l’urgenza di costruire un nuovo lager per migranti nei pressi dell’aeroporto di Malpensa e la polizia carica donne, uomini, bambini e anziani rom per impedire loro di partecipare ad un presidio in centro a Milano.
Questo l’appello lanciato ieri dal Comitato antirazzista milanese, che in un’altra email spiegava "Come al solito le donne in prima fila, come al solito le vittime non possono combattere: una bambina di due anni ne esce con la faccia segnata dal manganello degli sbirri e parecchie caviglie risultano gonfiate dai calci".
Scriviamo questo comunicato sull’onda degli avvenimenti accaduti in via Triboniano nelle ultime ore per fornire l’esatta descrizione dei fatti dopo che un’autentica ridda di falsità alimentata da mass media e forze politiche ha cominciato a circolare.
Iniziamo col dire che i rom di via triboniano sono usciti dal campo poco dopo le 16 per raggiungere i mezzi pubblici e andare al presidio di Piazza della Scala di fronte a Palazzo Marino, sede del consiglio comunale.
Il presidio, deciso nell’assemblea pubblica tenutasi domenica 16 maggio, era stato comunicato alle autorità competenti (Questura di Milano) già lunedì mattina, prima via telefonica, avendone un riscontro positivo, di seguito via fax.
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A chi non intende tacere sui Cie
Riprendiamo dal sito NoCie un importante appello da sottoscrivere.
A coloro che intendono schierarsi apertamente, in maniera netta e senza ambiguità, per la chiusura definitiva dei Centri di identificazione ed espulsione, strutture che rappresentano concretamente il simbolo più evidente della negazione dei diritti – primo fra tutti quello della libertà personale – nonché momento estremo del controllo sociale.
Voluti dall’Unione Europea per affermare la propria definizione di fortezza che garantisce i diritti solo ad alcuni e in certi casi, messi in atto in Italia da un governo di centro sinistra, rafforzati e peggiorati dai governi di destra, i Cie sono la dimostrazione della politica espressa dal nostro Paese nei confronti degli “stranieri”, in un percorso che dal rifiuto porta alla rimozione, alla negazione dell’altro. Buchi neri del diritto nazionale e internazionale, spesso nascosti agli occhi dei cittadini nelle periferie delle città, inaccessibili e non monitorabili, i Cie sono nei fatti un’istituzione illegale, risultato di abusi giuridici e di leggi razziali come quella che introducendo il “reato di clandestinità”, nega il principio di eguaglianza.
Chi ci è entrato ha avuto modo di toccare con mano rabbia, dolore e violenza. L’estensione a sei mesi del tempo massimo di detenzione ha acuito ancora di più la disperazione, che spesso si traduce in tentativi di suicidio, in vite che si frantumano nel silenzio e nell’indifferenza. Chi ha ascoltato la voce di quelle e quelli che in maniera ipocrita vengono chiamati “ospiti”, riuscendo a sfondare il muro impenetrabile di invisibilità che nasconde i destini di persone costrette in gabbia, può affermare con nettezza che i Cie, un tempo Cpt, sono irriformabili.
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Hellen è libera. Per Joy ancora flebo
Hellen ha avuto l’asilo politico, come spiega l’avvocato Salvatore Fachile a radio onda rossa.
Per Joy, invece, non sono ancora state fissate l’ecografia e la visita specialistica e i suoi malesseri continuano ad essere "affrontati" a colpi di flebo di antidolorifici nell’infermeria del Cie.
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Modena, 19 giugno: corteo contro i Cie
Corteo contro i Centri di Identificazione ed Espulsione
Modena 19 giugno 2010
All’interno di un percorso di lotta che parte da lontano e che si è andato intensificando negli ultimi mesi qui a Modena e a Bologna, in Italia e in generale in Europa, con scioperi della fame, rivolte, fughe dei reclusi, e presidi, presenze nelle città, azioni di sostegno dei solidali, promuoviamo un corteo a Modena per il 19 giugno 2010
Contro i Cie, perché sono i lager odierni in cui vengono rinchiusi gli immigrati senza le carte in regola per vivere nei paesi dei ricchi
Contro le deportazioni, chiamate spudoratamente rimpatri
Contro la funzione di questi centri, che è quella di tenere sotto minaccia della privazione della libertà individui da annientare e rendere quindi disponibili per lavori da schiavi
Contro chi li gestisce, perché lucra sulla miseria, come la Croce Rossa e la Misericordia che si presentano dissimulati sotto un’aurea caritatevole o le Cooperative della Lega Coop che si spacciano come promotrici della mutualità e della solidarietà
Contro tutte le aziende che si arricchiscono con appalti per fornire servizi all’interno come la Concerta spa e la Sodexo
Contro tutti gli uomini in divisa che, nell’adempimento del loro “dovere” di carcerieri, nei Cie massacrano e stuprano
Contro il Cie di Modena, gestito dalla Misericordia di Daniele Giovanardi che, attraverso i suoi metodi da piccolo dittatore fatti di propaganda da un lato e asservimenti, soprusi, divieti, restrizioni e isolamento praticati sui reclusi dall’altro, sperimenta un modello esemplare per altri Cie in Italia
Contro Frontex, l’agenzia che gestisce e organizza le deportazioni per i paesi europei e controlla le frontiere
Contro la propaganda razzista
Contro il silenzio complice dei “bravi cittadini”
Insieme a chi brucia i Centri di detenzione
Insieme ai rivoltosi di Rosarno
Insieme a chi non si arrende e lotta con i mezzi che ha a disposizione: rivolte, scioperi e fughe
Insieme a chi non gira la testa dall’altra parte
Fuori i reclusi dai Cie
Fuori i Cie dal mondo
Coordinamento per il 19 giugno
Leggi il documento di indizione
___________
Ricordiamo anche che il 2 giugno alle 16 a Bologna si terrà un tavolo di discussione su Lager e deportazioni nella "fortezza Europa" e che l’8 giugno alle 15.30 presso il tribunale di Milano si terrà l’incidente probatorio in cui verranno ascoltate Joy ed Hellen
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Voci di donne dal Cie di Torino
Da Macerie:
Donne in corso Brunelleschi
La vita in corso Brunelleschi vista con gli occhi delle recluse della sezione femminile. Le prepotenze della polizia, il cibo che ti fa addormentare, la minaccia continua della deportazione, le umiliazioni, il ricordo della terra natale dalla quale si è dovuti scappare ma che si ricorda con orgoglio.
Ascoltate la testimonianza di questa ragazza, giovanissima, che ha contattato Radio Blackout durante il presidio di domenica scorsa. La sua storia in poche parole? Un permesso di soggiorno che non vale più niente perché il padrone della fabbrica non paga i contributi e una deportazione interrotta solo grazie alla nube del vulcano islandese che ha fatto chiudere gli aeroporti marocchini.
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Lo stupro? “In strutture come i Cie e le carceri può capitare”, parola di Giovanardi
“E’ un episodio gravissimo ma che purtroppo in strutture come i Cie e le carceri può capitare”, così afferma Daniele Giovanardi, il solito "fratello di suo fratello" che ormai ben conosciamo, commentando un tentativo di stupro avvenuto nel Cie di Modena da parte di tre reclusi nei confronti di un quarto, un giovane nigeriano.
I giornali locali ne hanno parlato in lungo e in largo, soffermandosi in particolare sull’intervento delle forze dell’ordine e dei misericordiosi presenti nella struttura.
Al ragazzo nigeriano va tutta la nostra solidarietà, ovviamente.
Ma non possiamo non notare la strana coincidenza per cui, a sole tre settimane dall’incidente probatorio che vedrà Joy ed Hellen faccia a faccia con Vittorio Addesso nel tribunale di Milano (l’8 giugno, alle 15.30), proprio il Cie in cui si trova Joy conquisti la ribalta per la prontezza con cui è stata evitata una violenza sessuale.
A quanto pare nei Cie, come all’esterno, la violenza sessuale fa notizia quando gli stupratori sono immigrati, ma se invece si tratta di italiani, tanto più se in divisa, allora è bene tacere o, peggio, accusare di calunnia chi denuncia.
E se questo non fosse sufficiente per mostrare le miserie di questo paese, andiamo a vedere il caso di Luca Baj, avvocato dell’ex consigliere comunale e candidato sindaco della Lega Felice Cogliati. Per difendere Cogliati – che in un paesello della bergamasca era solito minacciare violentemente le prostitute nigeriane gettando loro addosso liquido infiammabile, lasciandole nude in mezzo alla neve, rapinandole armato di coltello e pistola – Luca Baj sostiene che le donne avrebbero sporto denuncia per vendicarsi di esser state "disturbate" nonché per ottenere un permesso di soggiorno.
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Lager e deportazioni nella “fortezza Europa” – Bologna, 2 giugno

Il prossimo 2 giugno, alle 16, nell’ambito del Festival sociale delle culture antifasciste (Bologna, 28 maggio – 6 giugno) si terrà un tavolo di discussione su Lager e deportazioni nella "fortezza Europa":
Centri di identificazione ed espulsione, voli Frontex per i rimpatri coatti, retoriche sicuritarie e criminalizzazioni per costruire il consenso diffuso, autoritarismo crescente e sottrazione di libertà: tutto questo in nome della difesa dei confini nazionali ed europei.
In occasione della settimana internazionale contro le deportazioni, analisi, riflessioni e pratiche a confronto per mettere a punto nuove strategie di lotta contro il ritorno del razzismo di Stato.
Intervengono, oltre ad alcune realtà antirazziste, l’avvocato Eugenio Losco di Milano e Pia Covre del Comitato per i diritti civili delle prostitute.
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Immaginiamo una donna…
Immaginiamo una donna che viene presa a calci in pancia dal suo aguzzino come vendetta perché si è ribellata alle sue pesanti molestie. Immaginiamo che questa donna, a quasi un anno di distanza, risenta ancora degli effetti di quei calci in pancia e necessiti di un’ecografia urgente e di una visita specialistica per capire che danni le siano stati causati. Immaginiamo che la vita di questa donna sia gestita da una confraternita che trasuda misericordia e immaginiamo che a capo di questa confraternita ci sia un medico, direttore del pronto soccorso e del reparto di medicina d’urgenza di un policlinico.
Che fortunata sembra questa donna, vero? Non possiamo che dare per scontato che il suo stato di salute sia in buone mani, anzi ottime!
E invece no: per quanto il "fratello di suo fratello", dott. Daniele Giovanardi, si sbracci per dimostrare il bene che fa a donne e uomini rinchiusi nei Cie di Modena e di Bologna – a quella banda di "spacciatori, prostitute, ladri abituali" come ha tenuto a precisare già nel 2004 – e per quanto abbia aperto le porte (ma solo alcune, le più presentabili) a pennivendoli pronti a tessere le lodi della sua ottima gestione, quella donna non è affatto in buone mani e i dolori che sente alla pancia vengono contenuti con medicinali anziché venir affrontati e risolti una volta per tutte.
Perché? Forse qualcuno ha paura che l’esito dell’ecografia rilevi danni permanenti e aggravi la posizione di un certo ispettore capo incapace di tenere mani e piedi al proprio posto?
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L’8 giugno a Milano: a fianco di Joy ed Hellen, contro Cie e deportazioni
Una sera d’estate Joy, una ragazza nigeriana vittima di tratta, porta il proprio materasso fuori dalla cella del Centro di identificazione ed espulsione di via Corelli a Milano. Preferisce dormire nel corridoio, dove fa più fresco.
Durante la notte si sveglia di soprassalto: sul suo corpo le mani di Vittorio Addesso, ispettore-capo del Cie, che si è sdraiato sopra di lei. Joy lo respinge con forza e decisione, altre donne la sostengono.
Un "normale" episodio di brutale – e sessista – amministrazione all’interno di un Cie, dove gli aguzzini dominano incontrastati, forti delle connivenze dei gestori di quei lager per immigrate/i.
Alcuni giorni dopo nel Cie di Milano scoppia la rivolta contro il "pacchetto sicurezza". Joy e le altre donne che l’avevano aiutata vengono brutalmente picchiate, nude, dall’ispettore Addesso e colleghi, e arrestate: una chiara rappresaglia da parte di chi mette in atto ricatti sessuali e molestie e non intende accettare il rifiuto.
Durante le udienze del processo ai rivoltosi, Joy denuncia la tentata violenza da parte dell’ispettore. Hellen, sua compagna di stanza, conferma l’accaduto, diventando la sua testimone.
La Croce Rossa, nella figura del responsabile Massimo Chiodini, copre l’ispettore-capo di polizia.
La giudice, voce della "giustizia" italiana, denuncia entrambe le donne per calunnia.
Tutte e cinque le donne imputate vengono condannate a sei mesi di carcere per la rivolta. A febbraio, terminata la pena, vengono riportate in un Cie, dove a tutt’oggi si trovano rinchiuse – tutte tranne una – con la prospettiva di essere deportate in Nigeria, una prospettiva che per Joy ed Hellen, come per tante/i altre/i, equivale ad una condanna a morte.
L’8 giugno a Milano si terrà l’incidente probatorio, udienza durante la quale si troveranno faccia a faccia Joy, Hellen e Vittorio Addesso.
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