"Gente per bene" dicono i vicini di casa a proposito della famiglia del ventenne di Bollate (Milano) arrestato il 12 dicembre per aver sequestrato, massacrato di botte e poi stuprato, il 14 novembre scorso, una donna ucraina di 40 anni.
E, naturalmente, i media di regime si guardano bene dal farne il nome e mettono solo, a malapena, le iniziali: S. C.
Perché la "gente per bene", si sa, deve essere protetta. Anche quando stupra. Soprattutto quando stupra.
Dopo varie ricerche in internet riusciamo a risalire al nome, Salvatore, ma il cognome non è proprio dato saperlo.
Se fosse stato straniero di lui sarebbero stati forniti nome, cognome, profilo antropologico-lombrosiano e curriculum vitae. Perché, si sa, c’è stupratore e stupratore. E quando uno è italiano il suo nome va protetto, perché ne va del buon nome della famiglia e del ‘bel paese’ in cui ha avuto la ‘fortuna’ di nascere.
Ancora una volta, è la cittadinanza dello stupratore che rende più o meno grave la violenza, non il fatto che una donna, l’ennesima, abbia vissuto quello che ha vissuto.
E poi, attenzione: lei era pure straniera, il che rafforza l’italica omertà nel proteggere i propri ‘rampolli’.
Stupisce quasi, dato il livello di miseria a cui sono arrivati i pennivendoli di regime, che questa volta non sia stato fatto il nome della donna violentata, come è accaduto in tante, troppe, altre circostanze…