Segnaliamo questa iniziativa e, ovviamente, aderiamo.
VENERDÌ 16 APRILE DALLE ORE 17.00 APPUNTAMENTO SOTTO IL C.I.E. DI BOLOGNA DI VIA MATTEI (BUS 14A, 89 FERMATA BARELLI) PER RITORNARE A FAR SENTIRE AGLI IMMIGRATI RECLUSI LA NOSTRA SOLIDARIETÀ.
Da più di un mese continua lo sciopero della fame nel C.I.E di Milano, contro la reclusione di stato di cui i prigionieri sono vittime.
Nei mesi scorsi alcuni detenuti in rivolta sono riusciti ad evadere dai lager di Roma e Torino.
A Bologna la situazione della lotta interna al C.I.E. è continuamente messa in difficoltà dalle fortissime pressioni e intimidazioni che i reclusi ricevono dagli operatori della Misericordia e da poliziotti e militari che rendono possibile la gestione di quell’inferno.
Fino a qualche settimana fa, prima che i telefoni dei reclusi in contatto con l’esterno fossero isolati, diverse voci si sono fatte sentire per ribadire che le condizioni di detenzione continuano ad essere inaccettabili: cibo immangiabile, condizioni igieniche pessime, ingenti quantità di psicofarmaci nel cibo per assopire gli animi ribelli.
Nonostante questo un detenuto ha portato avanti individualmente lo sciopero della fame e ha protestato contro la detenzione ingerendo lamette e tagliandosi.
LA RINNOVATA RICHIESTA DA PARTE DEI RECLUSI DI VIA MATTEI DI TORNARE SOTTO LE MURA DEL C.I.E A PORTARE LA NOSTRA SOLIDARIETÀ È ESTESA A TUTTI.
Sarà presente l’impianto di amplificazione per poter comunicare il più chiaramente possibile con chi sta oltre le mura.
Di seguito la dichiarazione di settimana scorsa di Desi Bruno, garante dei diritti dei detenuti del comune di Bologna, fatta ai giornali in seguito ad una visita dentro il C.I.E. di via Mattei.
Si scrive Cie, ma si legge carcere
La denuncia di Desi Bruno, Garante a Bologna delle persone private della libertà: "Sei mesi al Centro di identificazione ed espulsione sono peggio del carcere". Prima del pacchetto sicurezza il termine di detenzione era di due mesi. Oggi si può arrivare fino a sei. Un tempo inaccettabile per chi ha la sola colpa di essere irregolare, e che è causa di costante tensione
BOLOGNA, 6 APR. 2010 – Una volta erano i Cpt, Centri di permanenza temporanea, oggi si chiamano Cie, Centri di identificazione ed espulsione. Sono luoghi di detenzione per i migranti privi di permesso di soggiorno e di transito per i richiedenti asilo. E’ in queste strutture che vengono trattenuti gli stranieri nei confronti dei quali la magistratura ha emesso un provvedimento di espulsione o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera. Atti che non è sempre possibile eseguire in breve tempo. Specie quando per alcune persone diventa praticamente impossibile ottenere i documenti d’identità.
A introdurre un cambiamento cruciale per i Cie, sia per chi li gestisce che per chi vi è trattenuto, è stato il pacchetto sicurezza entrato in vigore l’estate scorsa, il quale ha esteso da due a sei mesi il limite di tempo di detenzione nei centri. Una tale durata di permanenza "è peggio della detenzione" denuncia Desi Bruno, Garante delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna. "Le persone trattenute – spiega l’avvocato – considerano un tempo così lungo di permanenza ingiusto, perché priva della libertà personale per un periodo oggi davvero considerevole a causa della mera condizione di irregolarità".
Desi Bruno sottolinea "che il Cie non è strutturato per permanenze di così lunga durata, che trasformano in modo definitivo il trattenimento in pena detentiva, senza che sia stata prevista l’organizzazione propria del regime detentivo e le garanzie anche di tipo giurisdizionale che ad essa si accompagnano".
E’ poi alta la percentuale di chi arriva dal carcere, per cui è fallita la procedura di espulsione in corso di detenzione "e per queste persone è inaccettabile una ulteriore privazione della libertà per un periodo sino a 6 mesi". La denuncia di Desi Bruno arriva attraverso una nota scritta in seguito alla visita del Cie di via Mattei a Bologna, avvenuta il 29 marzo scorso. Tra le persone incontrate dal garante, anche una donna serba di 62 anni, in Italia da 11, che ha vissuto con il genero e le nipoti, "che attendeva di essere espulsa, privata della famiglia e rimandata in un luogo ormai sconosciuto".
Il Centro di via Mattei ospita circa 84 persone (49 uomini) che coprono la totalità dei posti disponibili, e 35 donne. Il numero massimo di presenze è di 95, 50 uomini e 45 donne. La situazione nella struttura, da quando è entrata in vigore la possibilità di estendere il trattenimento fino a 6 mesi "è di costante tensione", scrive il Garante.
"Drammatica – ha poi concluso – è la situazione di quelle persone, prive di documenti, che non si vedranno riconosciute dai paesi di appartenenza, il loro destino è rimanere al Cie per tutto il tempo dei 6 mesi, uscire dal Centro ma ritornarvi al primo controllo e rimanervi di nuovo, e così via senza poter mai avere un riconoscimento della loro esistenza fuori da questo circuito".