Giunge diffida dalla questura di Bologna di avvicinarsi al Cie e comunicare con le/gli “ospiti”.
L’appuntamento viene mantenuto e il ritrovo sarà al semaforo con Via Due Madonne.
Se siamo tante/i non avremo certo bisogno di megafoni per farci sentire 😉
Qui di seguito un volantino che verrà distribuito domani.
Rompiamo questo rivoltante silenzio
Oggi, 19 febbraio 2011, era previsto un presidio davanti alle mura del
Centro di Identificazione ed Espulsione di Bologna. La polizia ha dato
il divieto di avvicinarci, imponendo una distanza di almeno 200 metri, e
di utilizzare amplificazione e megafono al fine di impedire la
comunicazione con l’interno. Ricordiamo che questi centri di reclusione
per immigrati senza permesso di soggiorno non sono prigioni per cui i
provvedimenti restrittivi dipendono da una decisione della questura e
non da regolamenti carcerari. La paura del collegamento tra chi è
internato e chi porta solidarietà dall’esterno è alta.
Evidentemente nel Cie di Bologna sta succedendo qualcosa che noi non
dobbiamo sapere. Non si deve dare la possibilità di farci raccontare da
chi sta dentro quali sono le condizioni attuali di detenzione ma
soprattutto se è in corso una qualche forma di ribellione a una
carcerazione di classe, razzista e sadica. Le donne e gli uomini
rinchiusi in questi lager della democrazia hanno la colpa di essere dei
proletari in cerca di una vita diversa, in fuga dalle guerre che noi
occidentali abbiamo portato nelle loro terre di origine e dalle
devastazioni che i predatori di risorse provocano nei loro paesi, hanno
la colpa di non essere né ricchi né potenti ma solo disperati.
Le coste del mediterraneo sono in fiamme, là hanno saputo e sanno
ribellarsi alla sopraffazione e questo preoccupa tantissimo i governanti
al di qua del mare. Ora si ritrovano dentro i Cie gente arrabbiata e con
rinnovata forza che viene loro dall’eco di quanto accade nelle città
dalle quali provengono dove in tanti, pur rischiando la morte, si
buttano con coraggio nelle piazze per cacciare via quelli che da sempre
li affamano e li umiliano. Hanno paura che dentro i Cie la rivolta
dilaghi sull’onda dell’entusiasmo di quanto sta accadendo e mai sia che
si crei un’unione tra loro e i solidali fuori dalle mura.
La loro lotta è la nostra e non solo perché ci disgusta che esistano
luoghi di reclusione come questi ma perchè il mondo che li incarcera è
lo stesso che depriva le nostre vite ogni giorno con sfruttamento sul
lavoro, con controlli esasperati sui nostri movimenti e con un
immiserimento di rapporti tutti esclusivamente orientati al calcolo, al
profitto, al mercato (che sia di merci o di uomini e donne ormai non fa
differenza).
Siamo qui nonostante le restrizioni per far sapere a chi passa in via
Mattei c’è un Lager e che dentro la tensione alla libertà non si placa
mai anche se l’indifferenza di tanti grava su di loro.
La infame politica di rinchiudere gli immigrati in questi lager viene
decisa da pochi ma è il silenzio dei tanti che la rende possibile.
Liberi tutti, libere tutte!!
Anarchici e anarchiche