Riportiamo, con il suo consenso, le riflessioni di una compagna di Roma a proposito di Joy ma non solo.
Ne approfittiamo per anticipare che, prendendoci tutto il tempo necessario, stileremo un dossier sulle connivenze (e le convenienze) con il "sistema Cie-deportazioni" che abbiamo potuto verificare seguendo la vicenda di Joy.
Ciao a tutte
La storia di Joy è un documento politico.
Joy è uscita, non in libertà, ma sotto protezione, usufruendo dell’art. 18 che dovrebbe salvaguardare le vittime di tratta.
Joy, come tante altre come lei, è stata venduta dalla borghesia del suo paese che consegna le ricchezze del territorio alle multinazionali, le donne al "divertimento" degli uomini bianchi e gli uomini allo sfruttamento come manodopera sottopagata e senza diritti.
Dietro Joy ci sono gli sfruttatori che l’hanno portata in italia, ma ci sono anche quelli in giacca e cravatta al suo paese che costringono tante Joy a imboccare questa strada e, ancora più sù, ci sono i dirigenti e gli azionisti delle multinazionali che riducono alla disperazione le popolazioni del terzo mondo.
Qui da noi, ha trovato "tante brave persone" che per pochi soldi si toglievano i "loro capricci" (si dice così, no?), ha trovato "leggi democratiche" (Ah! rispettare le leggi è fondamentale!) per cui è stata sbattuta nei CIE perchè irregolare, nei CIE ha trovato violenza e soprusi, compresi quelli di genere nei confronti delle donne.
Si è ribellata ed è, naturalmente, passata dalla parte del torto perchè, qui da noi, vige la "convivenza civile".
Trascinata in tribunale è stata condannata per la ribellione dalla magistratura "baluardo della libertà".
Espiata (che bel termine!) la pena in carcere è stata rinviata in un CIE.
Un giudice "di pace" le ha irrorato altri due mesi di detenzione, ma, attenzione ai termini, è amministrativa, non penale (chissà se per Joy ha fatto differenza).
Che sarebbe questo paese senza magistratura e polizia, paladini della libertà!!!
E che sarebbe questo paese senza il rispetto della legge!!!