Nei giorni scorsi a Roma le compagne hanno fatto alcune importanti azioni (di cui qui sotto potete vedere alcune immagini) per denunciare le violenze sessuali degli uomini in divisa. Prima sotto la caserma dei carabinieri al Quadraro, poi a Porta Maggiore, infine in occasione dell’ipocrita e mediatica iniziativa “Mai più violate” di Alemanno e Polverini al Colosseo.
Intanto altre compagne compilavano una lista dei più recenti episodi di violenza da parte di uomini in divisa da volantinare l’8 marzo in diverse città.
Elenchi che non sono mai sufficientemente aggiornati: non era ancora andato in stampa il volantino, che già i giornali pubblicavano la notizia dell’ennesimo maiale (senza offesa per i suini!) in divisa: un maresciallo dell’esercito, quarantenne, che aveva cercato di adescare una ragazzina di 12 anni, figlia di amici. E intanto una soldata volontaria denunciava il mobbing da parte dei commilitoni seguito al suo rifiuto di partecipare a delle “orgette marziali” durante la missione “di pace” in Kosovo e in altre occasioni, insomma ai momenti ” di svago” dei “nostri ragazzi”. (Pur dando a lei come ad ogni altra donna vittima di violenza la nostra solidarietà, non possiamo non sperare che abbia perso la fiducia nelle divise e smetta, con altre, di fare la burattina delle guerre imperialiste…).
A tutto ciò aggiungiamo la notizia diffusa il 10 marzo di una trans più volte violentata dalla polizia penitenziaria nell’Opg di Aversa.
L’8 marzo, per altro, in alcune piazze si è notato un certo nervosismo da parte dei “colleghi dei loro colleghi”.
A Bologna la camionetta dei carabinieri – addobbati in antisommossa – messa in piazza a controllare l’iniziativa delle donne era anch’essa addobbata in antisommossa, cioè col parabrezza protetto.
A Milano le compagne che hanno fatto l’iniziativa “Indecorose e libere” in Cordusio si sono ritrovate a gestire le intimidazioni della Digos per uno striscione sugli stupri, come raccontano nel loro comunicato.
Il 9 marzo, poi, al presidio organizzato dalle compagne di Bologna sotto l’Eni Store, un solerte “servitore dello Stato” ha cercato – per altro invano! – di strappare violentemente lo striscione Eni complice dei massacri – Solidarietà alle/ai ribelli del nordafrica dalle mani di due compagne che lo stavano attaccando su una delle vetrine della bottega Eni.
A giustificazione di ciò, il “servitore” ha ritenuto necessario impartire una lezioncina, spiegando che “la vostra libertà finisce dove comincia quella degli altri” – cioè dell’Eni!
Affermazione davvero curiosa se pensiamo che la libertà di molte popolazioni finisce proprio dove comincia la libertà dell’Eni di avvelenare le loro vite e devastare i territori in cui abitano…
Ma poco importa: il presidio è stata un’ottima occasione per volantinare e scambiare complicità con le/i passanti che sulla libertà hanno idee ben diverse da quelle dei solerti “servitori”.
La libertà, d’altronde, non è serva dello Stato, come dimostrano anche le rivolte in Nordafrica e in Medio Oriente.
Al proposito, per chi volesse organizzare in altre città presidi informativi sui legami tra i governi italiani e quello libico, mettiamo a disposizione la mostra allestita per il presidio bolognese.
Scarica da qui i pannelli: 1, 2, 3, 4, biblio/sitografia