La sempreverde “cultura” dello stupro

Mentre ieri pubblicavamo le motivazioni della sentenza di assoluzione nei confronti di Vittorio Addesso, le agenzie stampa battevano la notizia di una donna trentenne che ha denunciato alcuni uomini in divisa per le violenze sessuali subite in una caserma dei carabinieri di Roma durante un fermo. Di mezzo ci sarebbe anche un vigile.

Sfogliando oggi i quotidiani vediamo riemergere la logica delle “mele marce”, ma soprattutto leggiamo che gli stupratori si stanno già difendendo dicendo che lei era consenziente.

D’altronde lo Stato ci inculca che questi uomini in divisa difendono la nostra “sicurezza”, no?

Chissà fra quanto tempo sentiremo dire che le deportate nei lager nazisti, costrette a prostituirsi, in fondo erano anche loro consenzienti…

E’ una vecchia strategia di difesa, che ha una lunga storia nei tribunali come nella “cultura” italiana.

Invitiamo le compagne a rivedere il Processo per stupro.

Cosa è cambiato realmente dal 1979, quando lo stupro era considerato ancora “delitto contro la morale” (e non “contro la persona”), ad oggi?

Come intendiamo distruggere fattivamente questa “cultura” dello stupro?

 

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