Milano: una settimana di mobilitazione contro i Cie

Noinonsiamocomplici sostiene le iniziative organizzate dalle compagne e dai compagni di Milano.

MOBILITAZIONE CONTRO I CIE!

E’ importante la presenza di tutti/e per lottare contro questo lager!
Domenica 28 novembre ore 15.00 SALUTO SOTTO IL CIE DI VIA CORELLI in solidarietà con le lotte dei detenuti
Martedì 30 novembre ore 15.30 PRESIDIO ALLA CROCE ROSSA, via Marcello Pucci 7 (traversa c.so Sempione)
Mercoledì 1 dicembre ore 11.00 PRESIDIO ALL´UFFICIO DEI GIUDICI DI PACE, via Francesco Sforza 23
Giovedì 2 dicembre ore 11.30 PRESIDIO DAVANTI AL TRIBUNALE (corso di P.ta Vittoria ang. via Freguglia), in solidarietà a Joy, che ha denunciato il tentato stupro nel CIE di Corelli da parte dell´ispettore capo Vittorio Addesso
Sabato 4 dicembre MOBILITAZIONE CONTRO I CIE a sorpresa… maggiori info a seguire
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Lotte e resistenze di oggi e di ieri – Bologna, 26 e 28 novembre

Segnaliamo due iniziative che si terranno a Bologna questa settimana

Venerdì 26 novembre alle 17 in Aula C autogestita (fac. Scienze politiche), Strada Maggiore 45

Che i muri crollino e la libertà evada – Chiudere i Cie subito!

L’opposizione alle leggi sull’immigrazione e la lotta contro i Centri di identificazione ed espulsione: esperienze a confronto.

* Presentazione del glossario-dossier ABCie. La lotta con Joy: un’esperienza singolare? (a cura di Noinonsiamocomplici)

* Le lotte dei migranti fuori e dentro il Cie di Gradisca (Coordinamento libertario del Friuli Venezia Giulia)

A seguire: aperitivo di autofinanziamento/benefit

Scarica e diffondi il volantino

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Idranti contro la solidarietà al Cie di Bologna

Questo pomeriggio si stava tenendo un presidio di compagne e compagni sotto il Cie di via Mattei a Bologna. Per impedire il contatto tra reclusi/e e solidali i militari sono intervenuti con gli idranti, come potete leggere nell’articolo di Zic riportato qui sotto.

Dall’interno del lager i reclusi hanno poi fatto sapere che, nonostante non abbiano più nulla di asciutto da indossare e le sezioni siano completamente allagate, sono contenti della solidarietà che è stata portata loro, delle urla e degli slogan che sono riusciti a sentire.

Questa ennesima intimidazione è perfettamente in linea con le infami espulsioni che, nei giorni scorsi, hanno colpito Mimmo e alcuni altri immigrati protagonisti della lotta contro la sanatoria-truffa a Brescia.

Ma intanto non si fermano le rivolte e le fughe nei lager della democrazia: Milano e Gradisca, Bari, Modena

Sulle torri, sulle gru, sui tetti dei lager e per le strade la lotta degli oppressi e delle oppresse non si ferma!

(Nella foto: striscione solidale su una gru a Porta Palazzo, Torino – da Macerie)

Tensione al Cie, idranti dell’esercito contro reclusi e antirazzisti
Durante un presidio di solidarietà (Zic, 21 novembre 2010 – 18:16)

Al centro di identificazione e espulsione di via Mattei era in corso nel tardo pomeriggio di oggi un presidio in solidarietà ai migranti reclusi. Come in molte altre occasioni, dall’impianto di amplificazione i manifestanti tentavano di comunicare con l’interno. Stavolta però, intorno alle 17.30, i soldati dell’esercito che, insieme a polizia e carabinieri, stazionano dentro e fuori la struttura, hanno usato il getto degli idranti  sia per respingere all’interno delle camerate i migranti che cercavano di avvicinarsi alle inferriate per ascoltare e rispondere ai dimostranti, sia, dall’interno verso l’esterno, contro gli antirazzisti stessi. Una camerata sarebbe stata completamente bagnata, così come i vestiti di ricambio di tutti. Il clima è molto rigido.

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Ribelliamoci sempre, ribelliamoci tutte!

Con lo slogan Ribellarsi sempre Ribellarsi tutte le compagne di Roma hanno organizzato un’importante iniziativa di piazza per il 25 novembre, di cui riportiamo il documento di indizione.

25 novembre 2010
RIBELLARSI SEMPRE  RIBELLARSI TUTTE

Giovedì 25 novembre ci vediamo, donne, compagne, femministe, lesbiche in Piazza Trilussa dalle 16 in poi a ribadire, ancora una volta, il nostro NO ad ogni forma di violenza nei confronti di tutte le donne.
La nostra lotta contro i CIE, dove si è internate/i non per aver commesso un reato ma per condizione, dove i soprusi, le vessazioni, i pestaggi e la violenza di genere sono realtà quotidiana, dove le donne non sono considerate nemmeno secondo il dualismo della società patriarcale, o santa o puttana, ma solo puttane, ci ha fatto comprendere fino in fondo

CHE

Non ci sono donne di serie A e di serie B, regolari e irregolari, per bene e per male, donne violentate e offese che meritano attenzione e altre meno, a seconda di interessi partitici, di alleanze, interessi economici, convenienze…… Continua a leggere

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Dalla parte di chi si ribella. Sempre!

Come preannunciato qualche giorno fa, ecco il documento collettivo elaborato dalle compagne di diverse città che si sono trovate a Torino. Da qui potete anche scaricare il report della riunione, a cura delle compagne di Roma.

Dalla parte di chi si ribella. Sempre!

Dopo qualche mese dall’uscita di Joy dal circuito Cie-carcere-Cie, ci siamo incontrate all’interno dell’appuntamento nazionale di Torino contro i Cie e le espulsioni (21-24 ottobre) per confrontarci tra compagne provenienti da varie città sul proseguimento della lotta contro i lager della democrazia.

L’imminente scadenza del 2 dicembre, giorno fissato per l’udienza preliminare dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso (alle ore 12), ci ha trovate ancora una volta unanimi nel rifiutarci di delegare allo Stato e ai suoi tribunali l’accertamento di una verità che già da un anno andiamo ribadendo: nei Cie la polizia stupra. Una verità che è emersa non appena la legge Turco-Napolitano ha creato i Cpt, nel 1998.

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Udienza preliminare per Vittorio Addesso, giovedì 2 dicembre

Giovedì 2 dicembre alle 12 si terrà presso il tribunale di Milano l’udienza preliminare di Vittorio Addesso per violenza sessuale.

Come l’8 giugno, data dell’incidente probatorio, saremo là sotto. Non per delegare ai giudici la giustizia per Joy ma per ribadire che tutta questa vicenda non riguarda solo una “mela marcia”, ma un intero sistema di connivenze che copre gli abusi e le violenze quotidiane nei Cie.

Non dimentichiamo, infatti, che proprio in un’aula di quel tribunale Joy e altri/e 13 immigrati/e furono condannati per la rivolta di Corelli dell’agosto del 2009.

Non dimentichiamo che proprio durante quel processo Joy ed Hellen vennero denunciate dalla giudice per calunnia perché avevano raccontato della violenza sessuale.

Non dimentichiamo che Massimo Chiodini, responsabile della Croce Rossa nel Cie milanese, in quell’occasione testimoniò il falso contro Joy ed Hellen.

Non dimentichiamo neppure la violenza con cui, il 25 novembre scorso, i colleghi di Vittorio Addesso hanno caricato il presidio indetto dalle compagne di Milano perché uno striscione diceva la verità dei fatti: Nei centri di detenzione per immigrati la polizia stupra.

Non dimentichiamo neppure le intimidazioni contro compagne e compagni che, nelle varie città, hanno ribadito quella stessa verità.

Per questa ragione le compagne che nei mesi scorsi hanno lottato contro i Cie e a fianco di Joy hanno deciso di lanciare una settimana di mobilitazioni e iniziative, dal 25 novembre al 2 dicembre prossimi, contro il sistema di connivenze e violenze che tiene in piedi i Cie, lager della democrazia.

Entro qualche giorno  pubblicheremo il documento che  le compagne di diverse città stanno elaborando collettivamente.

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Se t’ammazza il maresciallo…

In questi giorni media mainstream e blog stanno parlando tanto  della schifosa cricca di Alessio Burtone, il ventenne romano che ha causato la morte di Maricica Hahaianu. Un mix di sessismo e razzismo che è anche un significativo “quadretto” dell’Italia di oggi.
Ma pressoché NESSUNO ha nemmeno vagamente nominato la morte di un’altra donna romena, coetanea di Maricica, a Palermo lo scorso 4 ottobre.
Di questa donna è dato solo di sapere le iniziali del nome – R. T. – e che faceva la “badante”. E’ morta dopo essere stata mandata in coma da un maresciallo dei carabinieri – di cui ovviamente non è dato di sapere il nome, ma solo che era, in quel momento, “fuori servizio” – che l’ha investita all’alba del primo di ottobre e poi se n’è scappato.
Già la notizia dell’incidente aveva trovato spazio solo in qualche trafiletto marginale, ma la notizia della sua morte è stata sapientemente occultata/censurata agli occhi dei più.
Non siamo, ovviamente, così ingenue da chiederci il perché…
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Liberare Faith, liberare tutte!

Nelle ultime settimane in Italia si è assistito all’ennesimo orrendo teatrino dello scontro di (in)civiltà giocato sulla pelle delle donne. Ancora una volta trionfa l’ipocrisia guerrafondaia dei ‘due pesi due misure’, per cui se tu sei straniera e vieni massacrata/stuprata da tuo padre, fratello, marito, fidanzato, zio allora è colpa della cultura retrograda da cui provieni e dove urge che corriamo ad ‘esportare democrazia’ con le bombe, ma se sei italiana e vieni massacrata/stuprata da tuo padre, fratello, marito, fidanzato, zio allora hai avuto la ‘sfortuna’ di capitare là proprio mentre costui era in preda a un ‘raptus inspiegabile’ – uno di quei ‘raptus’ che in questo paese sono un pretesto funzionale per dissimulare la quotidiana mattanza di donne da parte di parenti e conoscenti.

Allo stesso modo se, come Sakineh, sei stata condannata a morte da un Paese ricco di risorse petrolifere ma considerato ‘nemico’, allora la tua storia conquisterà tutte le prime pagine dei giornali e tutti saranno pronti (per altro solo a parole o con una rapida firmetta…) a mobilitarsi per te. Se invece, come Faith, hai avuto la ‘sfortuna’ di nascere in un Paese altrettanto ricco di risorse ma considerato ‘amico’ delle multinazionali petrolifere, Eni compresa, la tua condanna a morte non interesserà a nessuno e il tuo nome verrà immediatamente dimenticato.

Eppure Faith si trovava già in Italia da tempo, quando la questura di Bologna ha deciso di espellerla – e dunque di consegnarla al boia nigeriano – dopo averla rinchiusa in un Cie.

E’ retorico, forse, chiedersi chi avrebbe mai speso mezza parola se Sakineh anziché in Iran si fosse trovata rinchiusa in un lager per immigrati/e in Italia. E’ retorico, forse, ma certamente non inutile.

Ed è per questo che sui muri di alcune città cominciano a comparire dei manifesti per smascherare, con poche parole, questa logica dominante che giorno per giorno cerca di renderci tutte complici dei suoi crimini.

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Richiesta di rinvio a giudizio per Vittorio Addesso!

Riportiamo, così com’è, il lancio di agenzia sul rinvio a giudizio di Vittorio Addesso:

Milano, 28 set. (Adnkronos) – Il pm di Milano, Marco Ghezzi, ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ispettore di polizia Vittorio Addesso, responsabile della sicurezza nel centro di identificazione ed espulsione di via Corelli, accusato di violenza sessuale ai danni di un’immigrata ‘ospite’ dello stesso centro nell’agosto 2009. L’episodio era stato denunciato in aula dalla stessa vittima durante il processo in cui era tra gli imputati della rivolta avvenuta nell’estate scorsa. Successivamente la donna era stata sentita con la formula dell’incidente probatorio, al fine di cristallizzare la prova. La richiesta di rinvio a giudizio sara’ valutata dal gup Simone Luerti, al momento non e’ stata ancora fissata la data dell’udienza preliminare. 28/09/2010 | ore 13.30

Good news anche per quel “famoso” affittacamere dell’ispettore Mauro, di cui avevamo già parlato nei mesi scorsi:

(dal Corriere online) … Il pm milanese ha chiesto il rinvio a giudizio con rito immediato anche dell’ispettore di polizia M. T., che a sua volta avrebbe violentato una trans brasiliana nel centro di detenzione ed espulsione di via Corelli. Per M. T., già arrestato lo scorso giugno, è stato chiesto il giudizio immediato sulla base dell’evidenza delle prove a suo carico. Dagli accertamenti è emerso non solo che avrebbe molestato altre trans all’interno del centro, ma che in società con una extracomunitaria affittava un appartamento in zona Cenisio utilizzato da transessuali, immigrate irregolarmente, per prostituirsi. La richiesta è stata formulata dal pubblico ministero Marco Ghezzi al gip Andrea Salemme, che già aveva posto in carcere l’ispettore e ai domiciliari la complice sudamericana proprietaria dell’appartamento con cui si divideva i proventi della prostituzione. Una volta aperta l’inchiesta, altre straniere hanno poi denunciato agli investigatori di aver subito approcci simili. In occasione dell’arresto, l’ispettore si era opposto barricandosi nella sua abitazione a Sondrio. (28 settembre)

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Un appello internazionale per Faith

Riceviamo dalle compagne di Amazora un appello in più lingue che rompe il silenzio su Faith e volentieri lo pubblichiamo, premettendo alcune considerazioni.

Se la vicenda di Joy ha portato in primo piano la questione dei ricatti sessuali e delle violenze contro le donne nei Cie, la storia di Faith porta alla luce un ulteriore elemento: l’ipocrisia criminale di uno Stato che a parole dichiara di essere contro la violenza sulle donne, mentre nei fatti rinchiude nei Cie ed espelle le donne immigrate vittime di violenza. Quando le forze dell’ordine intervengono in casi di violenza contro le donne immigrate, se queste donne non hanno il permesso di soggiorno finiscono immancabilmente in un Cie.
Il caso di Faith non è l’unico.  A maggio nel Cie di Modena è stata portata una donna nigeriana vittima di tratta che, dopo esser scappata dagli sfruttatori (che minacciavano di ucciderle i due figli piccoli rimasti in Nigeria), è stata ritrovata dal marito della ‘maman’ mentre camminava per strada; costui, dopo averla picchiata, l’ha consegnata con tanto di passaporto agli agenti che l’hanno portata nel lager per migranti – dove, per sua fortuna, ha incontrato Joy che le ha dato una mano per uscirne. In giugno a Rovigo una donna nigeriana si è rivolta alle forze dell’ordine per denunciare le continue violenze che subiva dal compagno ma, non avendo il permesso di soggiorno, è stata portata in un Cie e di lei non si riescono ad avere notizie.
Casi come questi sono assai frequenti, invitiamo quindi le compagne che in varie città si sono mobilitate per Joy ad aggiungere questo tassello nella lotta femminista contro i Cie e a costruire iniziative ed azioni a sostegno di Faith e di tutte le donne immigrate costrette a subire la doppia violenza maschile e di Stato.
Di seguito potete leggere l’appello delle Amazora.

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