“Vilipendio al prestigio e al decoro dell’istituzione rappresentata dalla Polizia di Stato”…

 
 
Negli ultimi giorni la Digos di Bologna ha notificato ad una decina di compagne e compagni la conclusione delle indagini preliminari per “Vilipendio al prestigio e al decoro dell’istituzione rappresentata dalla Polizia di Stato del [sic!] suo complesso”, oltre che per manifestazione non autorizzata. Gli episodi cui fanno riferimento le notifiche sarebbero i due presidi comunicativi – di cui uno preannunciato con fax alla questura bolognese – svoltisi il 17 e il 20 marzo contro la minaccia di espulsione di Joy –  che, lo ricordiamo, proprio nei giorni precedenti era stata trasferita dal Cie di Modena a quello di Ponte Galeria per essere rimpatriata con un volo Frontex.
 
Queste notifiche rappresentano la volontà poliziesca di attaccare frontalmente il lavoro politico che da mesi le compagne portano avanti in diverse città denunciando i ricatti e gli abusi sessuali da parte di uomini in divisa che le donne immigrate vivono quotidianamente dentro e fuori i Centri di identificazione ed espulsione. Dalle violente cariche contro il presidio organizzato dalle compagne milanesi il 25 novembre scorso a oggi, alcune questure hanno utilizzato le più svariate forme intimidatorie per chiudere la bocca a chi non intende essere complice di un sistema di potere e di sopraffazione ormai ben collaudato. Ripetuti controlli di documenti, pedinamenti, appostamenti sotto le case di alcune compagne, controlli telefonici e informatici hanno fatto da contorno ai tentativi continui di isolare Joy dal contatto con le solidali, fino ad arrivare a queste notifiche fatte in fretta e furia in previsione delle mobilitazioni che si vanno costruendo per l’8 giugno. Quel giorno, infatti, nel tribunale di Milano si terrà l’incidente probatorio per la denuncia di tentata violenza sessuale presentata da Joy nei confronti dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso.
 
Una denuncia che prima ancora che penale è politica perché ha reso evidente il muro di omertà e di connivenze che per oltre un decennio hanno garantito la copertura degli abusi e delle violenze nel Cie di via Corelli a Milano – che, lo ricordiamo, è stato uno dei primi Cpt ad essere costruito dopo l’approvazione delle legge Turco-Napolitano del ’98. 
 
Joy con il suo coraggio ha inceppato questo meccanismo e da mesi e mesi ne sta pagando le conseguenze per ordini “dall’alto”, così come ne sta pagando le conseguenze chi ha voluto amplificare la sua voce facendo conoscere all’esterno dei lager per immigrate/i le condizioni disumane di vita in quei luoghi.
 
Negli ultimi mesi si sono moltiplicate sui quotidiani le notizie riguardanti gli abusi sessuali da parte di uomini in divisa (poliziotti, finanzieri, guardie carcerarie, …) in particolare nei confronti delle donne immigrate, ma non solo. Ricordiamo il caso della ragazzina di 12 anni che, in provincia di Rovigo, è stata violentata da un agente della “decorosa e prestigiosa” polizia di stato sotto la minaccia di un coltello.
 
Nonostante i continui tentativi istituzionali di ridimensionare la gravità di questi fatti alle azioni di poche “mele marce”, quello che ne emerge è, invece, un quadro chiaro dello strapotere che si arroga chi indossa una divisa, soprattutto nel momento in cui le politiche securitarie hanno imposto, attraverso la paura e l’infantilizzazione, un vero e proprio stato di polizia. Uno stato di polizia che difende gli sfruttatori caricando i picchetti operai, che difende e diffonde il razzismo rispondendo con la violenza alle giuste rivendicazioni di rom e migranti. Lo stesso che, tramite i suoi emissari in divisa, nelle scorribande notturne nelle strade, nelle questure e nei Cie usa la minaccia dell’espulsione per disporre liberamente del corpo delle immigrate; lo stesso stato di polizia che  trasforma in omicidi i controlli stradali e che dall’inizio dell’anno ha già fatto 76 morti nelle  carceri.
In questo momento più che mai questo stato di polizia sta mostrando il suo vero volto, e scatena la sua repressione contro chi rende pubblici, nelle piazze e per le strade, i suoi abusi.
 
Joy ed Hellen sono state accusate di “calunnia” per aver denunciato il tentato stupro, compagne e compagni che le hanno sostenute sono accusate/i di vilipendio, quindi rischiano una pena che va da 6 mesi a 3 anni. Tutto questo pur d’insabbiare una storia di violenza sessuale, difendere l’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso e continuare sdoganare la crescente militarizzazione dei territori in nome della sicurezza per le donne. 
 
Continueremo a non stare a questo sporco gioco. Continueremo il nostro lavoro di denuncia politica contro gli aguzzini e gli stupratori in divisa. Continueremo a dare la nostra fattiva complicità a chi, come Joy, non intende farsi piegare né sottomettere.
 
Ricordiamo l’appuntamento in solidarietà con Joy ed Hellen, contro Cie e deportazioni, martedì 8 giugno dalle 14.30 sotto il tribunale di Milano (corso di porta vittoria).
Noinonsiamocomplici
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