Spezzone femminista e lesbico al corteo del 16 aprile a Bologna

Nel sito del Martedì femminista e lesbico autogestito di Radio Onda Rossa potete ascoltare La solidarietà è un’arma, trasmissione di informazione e solidarietà con le compagne e i compagni anarchici di Fuoriluogo colpiti dalla repressione il 6 aprile a Bologna: tante e diverse voci di donne che riflettono da un punto di vista di genere su questa assurda operazione.

Un’operazione che, lo ribadiamo, si colloca perfettamente nella logica di guerra contro il nemico interno ed esterno, resa ulteriormente evidente, oggi, dal coro leghista che invita ad usare le armi contro gli sbarchi delle/dei migranti.

Per dare forza alla solidarietà con le compagne e i compagni di Fuoriluogo, Noinonsiamocomplici invita tutte le compagne a partecipare allo spezzone femminista e lesbico all’interno del corteo di sabato prossimo contro la guerra.

Appuntamento sabato 16 aprile alle 15 in piazza XX settembre, a Bologna.

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L’ex prefetto e il racket del sesso

Carlo Ferrigno (nella foto), ex prefetto di Napoli, ex commissario antiracket.

Un uomo tutto d’un pezzo, soprattutto nel ricattare sessualmente le donne vittime di usura e le immigrate senza permesso di soggiorno. Con una particolare attenzione per le ragazzine…

Non serve aggiungere altro.

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Comunicato di solidarietà delle compagne di Roma

I Cie sono un momento molto alto del controllo sociale.

Nati per rinchiudere le immigrate e gli immigrati senza permesso di soggiorno, sono anche controllo coatto del mercato occupazionale, ricambio e ricatto della forza -lavoro: badanti, prostitute, stagionali, operai…..

Sono il momento in cui si veicola il principio della detenzione per condizione, normata per legge,principio estensibile che può riguardare tutte e tutti.

I Cie, le guerre “umanitarie”, l’emigrazione di massa, le tragedie in mare, fanno parte di un unico progetto e sono correlati tra loro.

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A proposito d’amore d’anarchia e di fango mediatico

Volentieri pubblichiamo questo comunicato firmato da alcune compagne.

Per chi volesse leggere tutti i comunicati di solidarietà alle compagne e ai compagni prese/i di mira da questa ondata repressiva, rimandiamo al sito informa-azione che li sta raccogliendo.

A PROPOSITO D’AMORE D’ANARCHIA E DI FANGO MEDIATICO

Vorremmo fare alcune considerazioni sulle affermazioni intrise di livore forcaiolo del giornalista Valerio Baroncini nel suo articolo “Storie d’amore e d’anarchia sotto la regia di una psicanalista” pubblicato sul Resto del Carlino del 7 aprile 2011.

Nell’articolo vengono riportate le parole del g.i.p. che afferma che Stefania è “estremamente attiva, promotrice e organizzatrice di numerose iniziative di contestazione”, come se ciò dovesse giustificare il suo arresto. Per noi, invece, tutte e tutti dovremmo muoverci e organizzarci per contestare l’attuale sistema politico ed economico caratterizzato da respingimenti, affondamenti e lager per immigrati, guerre, sfruttamento, catastrofi nucleari, devastazioni ambientali e quant’altro rende la nostra esistenza invivibile, il tutto in nome del profitto.

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Fuori uno!

Come era facilmente immaginabile, comincia a smontarsi la costruzione Escher-style contro compagne e compagni di Fuoriluogo.

Oggi, dopo l’interrogatorio, è stato ‘liberato’ Strego dal carcere di Ferrara: le accuse non reggevano!

Diciamo ‘liberato’ tra virgolette, perché come può ritenersi libero un compagno costretto da un ‘obbligo di dimora’?

Naturalmente i giornali che si erano sbizzarriti nel costruire il ‘mostro’, adesso un po’ si arrampicano sui vetri e relegano la notizia, quando la citano, nelle pagine locali.

Se no, dopo giorni di infamie e schifosi report ‘da buco della serratura’ sulla vita delle compagne e dei compagni arrestati, tacciono.

E ora chiediamoci che possiamo fare perché rilascino al più presto anche Stefi, Anna e gli altri compagni…

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La repressione avanza se noi ci autoreprimiamo

Nella notte fra il 5 e il 6 aprile, mentre nel Mediterraneo avveniva l’ennesima strage di donne, uomini e bambini affogati a causa delle leggi razziali della Fortezza Europa, le solerti forze dell’ordine&disciplina si presentavano, in diverse città, nelle case di una sessantina di compagni/e con un mandato di perquisizione.

Un’operazione in grande stile mediatico che ha portato in carcere alcuni compagni/e a Bologna e Ferrara, propinando ad altri/e misure restrittive in base ad accuse che puzzano di montatura lontano un miglio – e che come tali cadranno, ma non prima di aver fatto fare loro gratuitamente alcune settimane, se non mesi, di galera, come sempre.

Quello che i giornali non dicono – e non diranno mai – è che le compagne e i compagni inquisiti e arrestati da anni denunciano la violenza di luoghi come i Cie – campi di concentramento per migranti – e le violenze perpetrate al loro interno, dalle violenze sessuali nei confronti delle donne migranti agli abusi e alle umiliazioni nei confronti degli uomini.

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La violenza contro le detenute: nelle caserme, nelle carceri e nei Cie

Riportiamo un’interessante riflessione di una compagna sulla violenza sessuale contro le donne detenute. Nel sito Zeroviolenzadonne potete leggerlo coi link ipertestuali.

LA VIOLENZA CONTRO LE DETENUTE: NELLE CASERME, NELLE CARCERI E NEI CIE

di Sonia Sabelli

Abbiamo sempre detto che «per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa». Ma cosa cambia se chi subisce una violenza sessuale è una donna o una transessuale? Se è bianca o nera? Migrante o cittadina? Imprenditrice, operaia o disoccupata? Lbera o detenuta? “Santa” o “puttana”? Vorrei suggerire qui alcuni spunti di riflessione sulla necessità di utilizzare le categorie di genere, razza e classe, per reagire alla violenza sessuale oggi in Italia.

Nelle aule dei tribunali, le donne che denunciano uno stupro sono spesso trattate come imputate e i difensori degli stupratori si affannano a demolire la loro credibilità, facendo leva sulla loro presunta immoralità e disponibilità. Niente di più facile se la vittima eccede la norma morale ed eterosessuale, se attraversa i confini dell’identità nazionale o infrange la linea del colore. Meglio ancora – per distruggere la sua credibilità – se lei è una detenuta, una lavoratrice del sesso o una “clandestina”, e se lo stupratore è anche il suo carceriere. Infatti, sia che si trovi in carcere per aver commesso un reato, sia che si trovi in un Cie perché non ha i documenti in regola, lei è considerata “illegale” e rappresenta una “minaccia” per la sicurezza pubblica che lui, invece, dovrebbe tutelare.

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Donne massacrate nel lager di Ponte Galeria perché vogliono la libertà

Dal sito di Radio Onda Rossa

Pestaggi a Ponte Galeria dopo il presidio di sabato
Una donna che si trova rinchiusa nel Cie di Ponte Galeria da cinque mesi, telefona a Radio OndaRossa per raccontare – in un misto di italiano e inglese – il pestaggio subito stamattina [ascolta la telefonata].

La donna racconta ai microfoni che gli uomini delle forze dell’ordine l’hanno portata in un ufficio all’interno del centro, per picchiarla, insieme ad altre donne.

Evidentemente polizia e carabinieri, ma anche il direttore del centro, non hanno gradito la presenza dei manifestanti sotto alle mura del Cie e hanno voluto farne pagare le conseguenze alle recluse.

Gli uomini in divisa, infatti, hanno spiegato chiaramente alle donne che il pestaggio è una risposta al “casino” che hanno fatto sabato, durante il presidio, e hanno assicurato loro che saranno deportate al più presto nei rispettivi paesi d’origine.

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La libertà non è serva dello Stato

Nei giorni scorsi a Roma le compagne hanno fatto alcune importanti azioni (di cui qui sotto potete vedere alcune immagini) per denunciare le violenze sessuali degli uomini in divisa. Prima sotto la caserma dei carabinieri al Quadraro, poi a Porta Maggiore, infine in occasione  dell’ipocrita e mediatica iniziativa “Mai più violate” di Alemanno e Polverini al Colosseo.

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La sempreverde “cultura” dello stupro

Mentre ieri pubblicavamo le motivazioni della sentenza di assoluzione nei confronti di Vittorio Addesso, le agenzie stampa battevano la notizia di una donna trentenne che ha denunciato alcuni uomini in divisa per le violenze sessuali subite in una caserma dei carabinieri di Roma durante un fermo. Di mezzo ci sarebbe anche un vigile.

Sfogliando oggi i quotidiani vediamo riemergere la logica delle “mele marce”, ma soprattutto leggiamo che gli stupratori si stanno già difendendo dicendo che lei era consenziente.

D’altronde lo Stato ci inculca che questi uomini in divisa difendono la nostra “sicurezza”, no? Continua a leggere

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